L’arrivo delle tre dimensioni e l’azzardo su strada
Dove eravamo rimasti? Ah, si! La MicroProse con il suo Formula One Grand Prix riscuote un grande successo tra gli appassionati creando per la prima volta una vera e propria simulazione di guida. Negli anni ‘90 si assiste a un importante mutamento nel mondo dei videogiochi: il 3D muove i primi passi in tutto il mondo e si comincia a contare i “poligoni” che compongono un modello 3D (ovvero i ”pezzetti” quindi che uniti raffigurano un oggetto, un’auto, un cartello e quant’altro, in un mondo virtuale in tre dimensioni). Dopo il grande successo di Formula One Grand Prix, uno dei pionieri del 3D insieme a Virtua Racing, il sequel di F1GP punta a migliorare l’esperienza di gioco con innovazioni nell’ambito del motore grafico. Anche se era uno dei più avanzati e tecnologici all’esordio nel 1992, alla data di uscita del secondo capitolo di F1GP era già superato. Si sa che l’industria informatica è tra le più soggette a cambiamenti e caratterizzata da continue evoluzioni.
Le novità non si fermano qui: arriva la licenza ufficiale della FIA, permettendo di cancellare quel Carlos Sanchez e inserire finalmente il nome di Ayrton Senna anche nella versione europea, insieme ai nomi ufficiali degli altri piloti, circuiti e case costruttrici. Ultima, ma non meno importante, anzi, forse tra le novità più importanti: dopo aver modificato l’assetto della propria auto era possibile salvare le impostazioni su un file di poche Kb, permettendo così la condivisione degli assetti con gli amici. Possibilità, questa, che è nata con F1GP2 e che si è radicata nel genere dei simulatori di guida, tant’è che la ritroviamo ancora oggi nei moderni mostri della simulazione fisica da gara.
Mentre i simulatori di guida cercano il realismo nei minimi dettagli, dal comportamento dell’auto alle livree, gli arcade si spostano più sull‘adrenalina e sull’azione, addirittura lasciando i circuiti. Le corse clandestine su strada raggiungono i pc, immaginandole con tante auto da modificare nel proprio “garage” che sfrecciano lungo scenari spazianti tra le metropoli costeggiate da grattacieli e le strade di montagna con viste mozzafiato. Nasce così nel 1994 la serie Need for Speed, che racchiude nel titolo ciò che si pone di soddisfare: il Bisogno della Velocita, una citazione dal film Top Gun che è rimasta impressa nella mente di molti, giovani e non.
Ricordo il mio primo NFS con nostalgia, High Stakes: letteralmente “scommesse estreme”. Questo il titolo della versione statunitense, mentre in Europa il videogioco venne pubblicato con il titolo “Road Challenge”. La carriera fu ciò che mi prese di più, passata la scelta tra la Merc SLK 230 o una BMW Z3, mi fiondai subito in strada con la stella a tre punte, puntualmente persa dopo le prime tre gare alla sfida contro “Fat Cat”. Era solo un pilota controllato dal computer, eppure quel maledetto mi era sempre alle calcagna! Queste erano le “scommesse estreme”: una gara uno contro uno, tre giri sulle strade di uno dei tanti scenari mozzafiato del gioco, il primo che arriva al traguardo vince l’auto del suo rivale.
Intanto, nel 1995 muoveva i primi passi la PlayStation, fenomeno mondiale che catturó milioni di persone e la Polyphony Digital diede il via allo sviluppo di Gran Turismo, ma questa è tutta un’altra storia…
Oscar Vasso